Solitamente, uno scambio di cortesie cementa rapporti positivi. Così, per ricambiare il mio intervento in altri settori, l’amico Alfi ha invitato me e mia moglie a pranzo in uno dei ristoranti più rinomati di Modena. Invito che accettiamo ben volentieri.
Anche questa trasferta emiliana è baciata dal sole, come la precedente di qualche giorno prima, e anche stavolta il sole è più freddo rispetto a dove abito io. Ma si sta bene lo stesso, l’aria è frizzantina, il cielo limpido.
Dall’esterno, l’edificio che ospita il locale mi appare come una casa padronale di campagna ristrutturata (scopro poi che erano le vecchie scuole del paese), isolata lungo la strada trafficata che da Modena porta a Castelfranco, e tinteggiata di un forte rosso mattone. Il parcheggio interno non è molto curato, parecchi pezzi di pavimentazione sono saltati, alcuni cumuli di neve stazionano ancora in mezzo. Sul fianco dell’edificio un mucchio di scatoloni, bottiglie vuote e altro materiale di rifiuto non fanno un bel vedere. Anche l’intonaco beige del basamento dell’edificio risulta rigonfio qua e là. In generale, poca cura dei particolari nell’area esterna.
Dentro, invece, il ristorante è tenuto molto bene ed è proprio bello: un grande e alto salone, con travoni squadrati di legno marron scuro sul soffitto e pareti di un aranciato caldo e sfumato. Si nota anche una certa accuratezza degli arredi e nella mostra di suppellettili varie; mi colpisce subito una vetrina abbastanza imponente che raccoglie le numerose bottiglie di liquori. Un’altra saletta laterale più piccola, dietro la vetrina, conduce anche ai servizi igienici, ben puliti e profumati, e al guardaroba, dove il gentile direttore di sala porta i nostri soprabiti.
Abbiamo un bel daffare a leggere e a scegliere sul menu, perché (abbiamo avuto tutti la stessa impressione) appare un po’ confusionario, con primi e secondi mescolati a piatti del giorno e menu completi (di terra, di mare e misto) da ordinarsi in blocco, senza sapere quali sono le singole portate… Chiesto il perchè, ci risponde la giovane e timida cameriera: “una sorpresa della chef”… … beh… simpatica idea, anche se io ritengo sia preferibile sapere prima a cosa si va incontro. Un po’ forse siamo rintronati noi , lo devo ammettere, ma un po’ più di ordine e di attenzione ad una impaginazione più chiara, forse non guasterebbe, data anche l’attenzione (che in tal caso invece c’è stata solo per il menu dei dolci) ad offrire menu senza prezzi per le donne. Le scelte sulla carta sono abbastanza circoscritte, tutto sommato. Se da una parte questo può essere un limite, dall’altra forse garantisce una maggior cura sui prodotti.
Una lunga passeggiata lungo il Panaro, dopo pranzo, da Spilamberto fin sotto agli Appennini, ci ha consegnato paesaggi semplici di file d’alberi grigi e spogli, di acqua azzurra che scorre, di colline innevate sullo sfondo, di percorsi silenziosi, verdi, ancora un po’ infangati dall’ultima nevicata… e, giusto per gradire, dato che siamo in Italia, un po’ di odor di fogna in corrispondenza dell’unico fosso incontrato che scola nel Panaro... ambiente idilliaco interrotto quando meno te l’aspetti, come talvolta succede.
L’escursione ci ha anche consentito di approfondire (chiacchierarci su… forse è più appropriato) questo stato di confusione in cui versa la nostra nazione, di cui il menu (che mi ha dato lo spunto) è una rappresentanza di poco conto, decisamente soggettiva e forse perdonabile, a mio giudizio… rispetto ad una legge, anzi, a quasi tutte le leggi totalmente incomprensibili per gli addetti ai lavori, dunque immaginiamoci per un cittadino qualsiasi… rispetto alla modalità di calcolo della bolletta del gas, per fare un altro esempio, totalmente incomprensibile a tutti (compresa la ragazza che risponde al Call Center) escluso per il conto da pagare… e potrei proseguire… con l’interpretazione delle modalità di denuncia dei redditi, del codice della strada, le regole che stabiliscono l’organizzazione di una scuola… e tanto altro, e tante altre regole disapplicate, seppur enunciate, o disapplicabili, di cui abbiam parlato…
Scopriamo che entrambi, io e Alfi (le donne avevano passo più leggero e seguivano a distanza durante la camminata digestiva), discutendo di più cose ed analizzandole, terminiamo stranamente ogni ragionamento quasi sempre con una parolaccia, e crediamo di capire che l’ormai cronica complicazione e scorrettezza tipicamente italica, supportata da una miriade di norme che si sovrappongono e si contraddicono, non è più compresa dalle persone “normali”, e che dunque molti si sentono solidali con chi non ha la possibilità di aggiungere altro, se non, nervosamente, un vaffa.
L’entrèe è offerta e ci viene portata assieme ad un vassoio di buonissimi panini, piccoli piccoli, di diverse forme, opportunamente tiepidi, fatti in cucina dalla chef, serviti con un profumatissimo olio extra vergine umbro. Quantità peraltro limitata, tanto da dover richiederne più volte l’integrazione. L’entrèe consiste in una vellutata di puntarelle con al centro uno sformatino cilindrico, molto piccolo, di patate di Montese. Discreta, ma non trascendentale l’entrèe, che arriva prima che ci versino i calici di vino. Forse troppa la vellutata, in proporzione al cilindretto di patate.
Non vorrei sembrare troppo cavilloso, ma in un locale così, cerco di guardare a tutti i particolari che lo dovrebbero portare a livelli di costo superiore, e magari, grazie ad una recensione letta, consentire alla gestione di migliorare su qualche fronte, sulla base del parere di un cliente.
Ottimo il calice di Sauvignon Casali Maniago del Friuli, da 13 gradi, che abbiamo preso io e Marta (e che io ho poi bissato)… profumato, armonico, e nello stesso tempo salino al palato. Il Sauvignon ci è stato aperto al tavolo, ma non ci è stato fatto assaggiare prima. Non è tanto contento invece Alfi del suo barbera delle colline vicine (Rosa non beve vino), tanto che al momento del bis opta per un cambio e chiede un chianti ben più strutturato e decisamente migliore a suo dire. Quest’ultimo viene fatto assaggiare prima. La carta dei vini è fornitissima e di qualità, però non siamo riusciti a trovare le possibilità di vino al calice (che costeranno poi 5 euro l’uno, 7 euro e mezzo per il Chianti…), illustrateci a voce.
Primi. Rosa e Alfi si dividono tortellini “nonna Sarita” in cialda di parmigiano reggiano con ABTM ( aceto balsamico tradizionale di Modena) e tortelli di ricotta biologica “Az. Agricola Hombre”, rapa rossa e spinacino scottato. Io e Marta ci dividiamo gli stessi tortelli di ricotta biologica e ravioli di mare con crema di crostacei.
Buoni (seppur non stratosferici… gusto molto molto delicato, quasi insipido) i nostri tortelli di ricotta biologica, cucinati peraltro bene e presentati molto bene, conditi con olio crudo, con delle striscioline di crema di rapa sul fondo del piatto e una-micro-fogliolina-una di spinacino appoggiata sopra il tortello. Quelli di Alfi e Rosa presentavano invece un eccesso di olio umbro, che ne soverchiava, a loro dire, un po’ il sapore. Ho provato a far aggiungere ai miei tortelli un po’ di parmigiano grattugiato, pur con la disapprovazione del maitre…, e devo dire che risultavano più saporiti (ma è una mia deficienza, io aggiungerei il parmigiano anche sul gelato, forse). Diciamo che erano realizzati molto bene, ma che forse l’accostamento non era troppo saporito. Parere personalissimo comunque. Ottimi invece i ravioli ripieni di una farcia di pesce, distribuiti sopra una salsa arancio (con un po’ di pomodoro) dal sapore di mare, e buoni anche i tortellini della nonna (tortellini tradizionali), sentendo il parere dei nostri amici che li hanno mangiati.
Secondi. Io prendo tempura di merluzzo e verdure, la Marta pescato del giorno con puntarelle e bottarga di muggine, Rosa una tagliata di manzo con carciofi e forse melanzane, Alfi polpettine dorate di anatra e quaglia in un sughettino di lenticchie.
Il mio piatto era composto da quattro pezzi non molto grandi di merluzzo, da due spicchi di zucchina e da due trancetti di melanzana, il tutto ricoperto da un’impanatura molliccia di colore tendente al giallo. A parte, una ciotolina di ceramica bianca con dentro una mini porzione di salsa tipo maionese. Il cibo però era tiepido e non aveva la croccantezza tipica della tempura quando è realizzata con acqua gelata (e anche frizzante, mi sembra d'aver sentito): oltrechè tiepidi, i pezzi erano, come già detto, “fiappi”, come se non fossero stati cucinati al momento. Il giallo lascia pensare alla presenza di uovo, che mi sembra non ci vada, però può anche darsi che questa variante possa chiamarsi ugualmente tempura, come avviene anche in altre occasioni, dove chi cucina ci mette un po’ del suo. Faccio presente che il piatto costava 28 euro, prezzo eccessivo, secondo me, per la quantità e la qualità di questa portata.
Il piatto della Marta consisteva in due tranci di pesce bianco (simile allo stesso merluzzo usato per la tempura), approssimativamente cubici, di lato circa 5-6 cm., adagiati sopra un letto di puntarelle saltate in tegame, con una spolverata (inconsistente) di bottarga sul bordo del piatto. Tutto era buono, senza eccellere particolarmente, la presentazione del piatto però, scarna, non troppo invitante. Anche in questo caso, il prezzo di 30 euro non sembra giustificabile, a mio parere, per una tecnica culinaria ed una elaborazione che non sembrano particolarmente elevate.
Rosa era abbastanza contenta della sua tagliata e del resto del piatto (un po’ più consistente dei nostri due), non fosse che la carne era parecchio cruda. Non so se non si debba fare (secondo me, a buon senso, sì), ma anche nelle trattorie più andanti a volte chiedono come si vuole cotta la carne. Qui non è stato chiesto. Molto buone e saporite le polpettine di Alfi, che mi è sembrato parecchio soddisfatto del suo piatto, una portata degna di nota.
Concludiamo con un dessert in due per me e mia moglie: era un cestino fatto con cialda croccante alle mandorle ripieno di crema pasticciera e fragole calde. Eccellente, dolce favoloso, giusta quantità, ottima presentazione, la cosa migliore del pranzo per noi. Rosa ha ordinato invece una mousse di cioccolato bianco su una gelatina di mandarino, ma non è sembrata per nulla contenta, la gelatina indurita sul fondo, come se fosse fatta da un po’ di tempo, la mousse niente di chè. Alfi mi sembra di ricordare che abbia preso un semifreddo alla menta con crema di gianduia, e anche lui non è rimasto soddisfatto del dolce, poco gustoso, semifreddo paragonabile, se non inferiore, ad un normalissimo gelato alla menta di gelateria, a suo dire. 10 euro cadauno il costo di questi due dessert…
Dopo due caffè per i nostri amici e una grappa Poli, che mi son scelto dalla vetrina dei liquori e che ho diviso con Alfi (molto buona la Poli, ti lascia la bocca ben rotonda), ci facciamo portare il conto che recita 246 euro in quattro.
Il servizio è stato gentile, seppur con qualche defaillance, i tempi abbastanza giusti per tutte le portate. Il prezzo a persona è stato però un po' troppo alto per quanto offerto, considerato anche che io e mia moglie avevamo preso un dolce in due (12 euro quel dessert…) e che hanno dimenticato di segnare i tre calici di Sauvignon, come mi ha riferito chi è andato a pagare.
Ringrazio Rosa e Alfi per la sempre gradevole compagnia e non solo. I lati positivi superano quelli negativi in questo ristorante, ma, come spesso accade in posti così, per pagare una certa cifra si vorrebbe anche avere tutto adeguato al prezzo. Consigliarlo? Per questo pranzo, in rapporto al conto, non lo so.
Consigliato!
[Alfi]
07/03/2013
Bella recensione della quale condivido giudizio e valutazioni.
Eravamo già stati in questo ristorante, che non esito a definire di alto livello, in occasione di uno dei giovedì gastronomici l'anno scorso, in compagnia degli amici golosona e Mauro, ed eravamo rimasti tutti molto soddisfatti. Ora, mangiando alla carta e non essendo interessati al pesce, non possiamo non rilevare una scelta piuttosto limitata e, in questa occasione, una qualità che al nostro palato appare nettamente inferiore rispetto alla prima volta.
Confidiamo, lasciato trascorrere conveniente lasso di tempo, di poter esprimere una migliore soddisfazione in futuro .
Cari saluti e a presto.